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Appuntamento con il film alle ore 20:30 presso Palazzo Paleologo, Piazza Garibaldi.
Nella stessa giornata il Vento Bici Tour 2014 farà tappa a Trino Vercellese: vi invitiamo a tirare fuori la bicicletta per accogliere e accompagnare la carovana di VenTO, e poi a venire a gustarvi il film!

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7 Giugno Trino Vercellese
Ore 20:30, Palazzo Paleologo, Piazza Garibaldi

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10 Giugno – Cremona

Il film verrà proiettato in occasione del passaggio del Vento Bici Tour 2014 a Cremona, alla presenza di uno dei tre registi

Vento

Martedì 10 giugno, gran festa a Cremona in occasione della tappa di VENTO, progetto di una dorsale cicloturistica da VENezia a TOrino lungo il fiume Po, passando per Milano EXPO 2015.
Il programma inizia con il convegno con focus sul cicloturismo per terminare con un “speciale guest” di Frankie hi-ngr mc.
L’evento è organizzato e sostenuto da Comune di Cremona, Provincia di Cremona, Parco del Po e del Morbasco, Camera di Commercio di Cremona, in collaborazione con FIAB, MAC e Associazione strada del Gusto Cremonese.

Il programma della giornata (a parte la proiezione del film, per la quale non abbiamo ancora un orario certo!) è il seguente:

  • ore 15:00 Convegno Cicloturismo: opportunità di sviluppo economico per il territorio
  • ore 16:30 Raduno dei ciclisti in Piazza Stradivari e pedalata collettiva verso il Parco al Po
  • ore 17:00 Merenda al MAC in collaborazione con La Strada del Gusto Cremonese presso il MAC (Via Lungo Po Europa, 5)
  • ore 18:15 Pedalata dalla MAC a Piazza Stradivari
  • ore 19:00 Evento pubblico in Piazza Stradivari: “speciale guest” Frankie hi-ngr mc.

11 Giugno – Carmagnola (TO)

(sotto, la locandina della serata: la proiezione, alla presenza di uno dei registi del film, sarà anticipata da un “prologo” in bicicletta)

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Scriviamo a un anno esatto dall’inizio del primo Vento Bici Tour, e quindi dalle prime riprese del film “Vento. L’Italia in bicicletta lungo il fiume Po“.
Un anno fa a quest’ora, se la memoria non ci inganna, eravamo a Venaria (TO) per l’anteprima (prologo, in termini ciclistici) del tour del Politecnico, e il giorno dopo saremmo partiti insieme alla spedizione del Politecnico di MIlano da un affollatissimo bike pride organizzato a Torino, nel Parco del Valentino.
E’ tempo di tracciare un primo bilancio, fortunatamente molto positivo: il film, uscito ormai da circa 3 mesi, ha riscosso un notevole interesse degli appassionati e di un pubblico generalista molto ampio (sì, perchè per fare 10 km di cicloturismo non è necessario avere i muscoli di Eddy Merckx!).
In queste settimane abbiamo girato l’Italia per promuovere e fare vedere il documentario: Ferrara, Piacenza, Taglio di Po, Alessandria, Milano, Torino, Padova, Saluzzo, Carmagnola… sono solo alcune tra le città in cui abbiamo presentato o presenteremo il film.
Per festeggiare l’anniversario di Vento e l’ormai prossima festa del 2 giugno, vi regaliamo un breve estratto dal film (clicca sull’immagine per vederlo)

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Vuoi vedere per intero “Vento. L’Italia in bicicletta lungo il fiume Po”? Visita questa pagina e scopri come ricevere il dvd o guardare il film in streaming.

Vuoi organizzare anche tu una proiezione del film nella tua città/circolo/associazione sportiva?
Contattaci alla mail film.vento@gmail.com

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Abbiamo parlato più volte di Vento, la ciclabile dei desideri che potrebbe correre lungo il Po da Torino fin quasi al delta, per svoltare poi verso la fine a nord, verso Venezia. “Potrebbe” perché il tracciato più o meno c’è, si tratta dell’argine maestro del nostro fiume più lungo, che talvolta cede il passo all’argine golenale e talaltra alle strade minori che corrono per l’Italia, ma è segnato male, in certi tratti sparisce nelle campagne o accade di pedalare chilometri lungo un terrapieno costruito per difendere un gruppo di case che si avvita su se stesso.

Ma l’idea, che è nel cuore di tanti cicloviaggiatori e da qualche anno è la battaglia di un pugno di docenti del Politecnico di Milano, non muore e chissà che nuovi equilibri politici non possano portare alla sua realizzazione. Ieri sera all’Antico Palazzo Comunale di Saluzzo è stato proiettato il diario di viaggio per immagini della discesa in bicicletta effettuata lo scorso anno da chi si sta impegnando per la ciclabile del Po: Paolo Pileri in prima fila, che insegna Tecnica e pianificazione urbanistica, e i suoi ricercatori Alessandro Giacomel, Diana Giudici e Chiara Catarozzolo, cui si è aggiunto Ercole Giammarco. Il film è di Paolo Casalis, Pino Pace e Stefano Scarafia. Appunti visivi di un progetto in divenire che potrebbe essere la ciclabile più bella d’Europa, non dovesse mettere d’accordo quattro regioni e una miriade di province e comuni. Non che i quasi settecento chilometri del percorso non si possano fare, anzi così sono un’avventura da dipanare in sette-otto giorni, perdendosi regolarmente ogni tot di ore. La bicicletta permette anche questo, ma così Vento non diventerebbe mai la base di un progetto più grande che rimette in moto l’economia rivierasca, un po’ com’è accaduto lungo il Danubio o sull’Elba, in Germania.

da salviamoilpaesaggio.it

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Metti che un gruppo di ricercatori e docenti del Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano, guidati da Paolo Pileri, abbia un progetto di sviluppo economico e territoriale e che questo progetto sia una sorta di ciclovia lunga oltre 600 chilometri, a seguire il Po da Torino a Venezia: non è questa una delle vere “Grandi Opere” utili per il nostro Paese?

VENTO è una ciclovia? No, VENTO è sviluppo. Un sano e verde sviluppo.
VENTO ha la forma di una ciclovia, ma non lo è. VENTO è un progetto di sviluppo, una concreta e stabile occasione di occupazione e rilancio economico dei territori attraversati (e non solo loro). Questo è VENTO. Questa è una ciclabile lunga.
Andare in bicicletta non è uno sfizio di qualcuno o un capriccio di categoria, ma è uno dei modi per muoversi, viaggiare, andare a lavorare e a studiare. Le ciclovie non sono accessori di una società agiata o di una cultura che non ci appartiene, ma sono infrastrutture come le altre idonee per tutte le culture.

VENTO non è un progetto locale, ma un progetto del Paese: sono 679 km di ciclabile, ma sono anche 679 km di green economy, di green jobs e potenziale crescita dell’economia. I 40.000 km di ciclabili tedesche producono 8 miliardi di indotto all’anno, stabilmente. Centinaia di migliaia potrebbero essere i nuovi flussi di turisti lungo VENTO, che diverrebbero il motore per tante economie diffuse e per far ripartire la crescita … vere green economy: aziende agricole (14.000 sono quelle attraversate dal progetto), attività ricettive (300 per ora), attività commerciali (2.000) e tanti cittadini (oltre 1,5 milioni).

In parte VENTO già esiste, in parte bastano un paio di accordi politici e tecnici per utilizzare gli argini e in piccola parte deve essere realizzata e messa in sicurezza. Il tutto si potrebbe fare in tre anni.

Occorrono solo poco più di 80 milioni di euro (lo 0.01% della spesa pubblica annuale; il costo di 1-2 km di autostrada), ma soprattutto l’impegno dello Stato, di 4 regioni, di 12 province, degli enti fluviali, di tutti i comuni, coordinati da un soggetto unico. Il giro di affari annuo è stimato in due volte l’investimento iniziale. Per sempre.

Ma VENTO non si ferma qui e potrebbe crescere collegandosi con altre ciclabili (quella del Brennero-Peschiera-Mantova, la Torino-Nizza, Mantova-Ferrara-Adriatico, etc.) e raddoppiando sulla sponda opposta del Po. Sono infinite le potenzialità. Ancora più infinite se si pensa che VENTO è collegato al Treno e alla navigazione fluviale.

VENTO è paesaggio, sviluppo, beni culturali, ambiente, agricoltura, fiume, natura, città, piccoli comuni, cibo, tipicità, sole, vento, salute, lavoro, futuro.

VENTO è anche Eurovelo. VENTO è anche Bicitalia. La realizzazione di VENTO andrebbe a soddisfare una richiesta europea da un lato e ci metterebbe in collegamento con gli altri paesi.

VENTO è un’infrastruttura che si porta dietro innovazione e benefici; vuole dire a tutti noi che un piano infrastrutturale nazionale che si candida a sostenere lo sviluppo del Paese in questa particolare congiuntura, deve farsi portatore di una nuova cultura, di una svolta. Non possono esserci solo i soliti ingredienti nel nostro futuro: autostrade, strade, trafori, ferrovie veloci, piattaforme logistiche. Le grandi ciclovie Europee sono opere per rilanciare lo sviluppo di un paese. Per questo occorre cambiare scala di progettazione e di gestione e stare più in alto.

Non sono forse queste le grandi opere di cui un paese ha bisogno?

Maggiori informazioni le trovate qui, dove potrete anche prenotare il vostro dvd.

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Tre registi, venuti a conoscenza della cosa, decidono di farne un film: Pino Pace (scrittore e sceneggiatore, su VENTO ha inoltre pubblicato un ebook), Paolo Casalis (autore de L’Ultimo Chilometro) e Stefano Scarafia (che con Casalis ha realizzato il film Il Corridore, sull’ultramaratoneta Marco Olmo). Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Paolo Casalis e quella che segue è la nostra intervista.
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NBM: Come prima cosa volevo chiedervi alcune notazioni tecniche sul film; come siete entrati in contatto con il progetto Vento, come è nata questa collaborazione? quanti giorni di lavorazione tra sopralluoghi e girato? nel film si parla di giornali, radio, persino un ministro: avete avuto difficoltà a trovare finanziamenti?

Paolo: Pino Pace (lo sceneggiatore del gruppo) un bel giorno ha presentato a me e Stefano Scarafia questa idea. fare un film su un gruppo di professori del Politecnico di Milano che da lì a pochi mesi avrebbero percorso oltre 600 Km in bicicletta, per dimostrare la fattibilità (e necessità) di una pista ciclabile tra Torino e Venezia, un progetto cui il gruppo del Prof. Paolo Pileri sta lavorando da anni. Mettetevi nei nostri panni. Non avreste detto anche voi: “Che idea meravigliosa! Facciamolo!” Questa la risposta breve. In realtà da tempo, dopo una prima bella esperienza di lavoro insieme, stavamo cercando di realizzare un altro documentario a tre. Aggiungete che io sono un ciclista praticante (perdonatemi se ne parlo come fosse una religione) e avevo appena finito di realizzare il mio documentario sul ciclismo “L’Ultimo Chilometro”  e che Pino tutti i giorni si fa da San Mauro Torinese a Torino centro in bicicletta, e il quadro è completo. Il passo successivo è stato contattare il Politecnico, e lì abbiamo trovato una sponda formidabile: entusiasmo, disponibilità a partecipare e a mettersi in gioco. Il film è, volutamente, un road-movie in senso stretto: niente soppralluoghi, niente preparazione. Siamo andati da un punto A (Torino) ad un punto B (Venezia) e abbiamo filmato ciò che abbiamo trovato nel mezzo: pianure, risaie, paludi, incidenti tecnici, giornate di caldo sole e di pioggia fastidiosa.  Abbiamo preso tutto quanto gli 8 giorni del viaggio ci hanno offerto e ne abbiamo tirato fuori questo film. Un film che è prodotto da due piccole case di produzione: la Stuffilm di Bra e lo studio Bodà di Torino e che è in parte finanziato da alcuni enti, cui vanno i nostri sinceri ringraziamenti: Il Politecnico di Milano, che fin da subito ha visto nel film uno strumento utile per promuovere l’idea di Vento; il Consorzio di Bonifica di Piacenza; il Comune di Camino (AL) e il Comune di Ferrara. Non pensate a finanziamenti da capogiro: piccoli contributi, importantissimi però per avviare una macchina così complessa come è la produzione di un film. Sì, perchè gli 8 giorni di riprese sono stati la parte più facile (quella in discesa, per continuare nella metafora ciclistica), a cui sono seguiti 4 mesi di montaggio video e post-produzione. Infine, prima ancora di inziare le riprese avevamo lanciato una campagna di crowdfunding, e anche mentre scrivo la nostra campagna di finanziamento è ancora attiva: per prendervi parte, guardate il film in streaming o acquistatelo in dvd!

NBM: Come è stata generalmente l’accoglienza nelle città? e nelle campagne, nei paesi più piccoli? che differenze avete trovato? come reagiva il pubblico?

Paolo: L’accoglienza è stata fantastica pressochè ovunque, dall’Alessandrino al Polesine. E’ vero che il percorso era già stato stabilito da tempo, i sindaci informati e gli assessori mobilitati. Quello che però non era possibile programmare era l’accoglienza della gente comune, dei ciclisti incontrati per caso, dei contadini, dei pensionati delle bocciofile o dei guardiaparchi. Ovunque abbiamo ricevuto (o meglio, il gruppo del Politecnico ha ricevuto) solidarietà, compagnia, aiuto. Dei tre registi, io ero l’unico munito di bicicletta (la mia vecchia mountain-bike) e per lunghi tratti ho seguito i nostri 5, mentre i miei due soci filmavano dalla macchina. La cosa più bella è stato vedere ciclisti di ogni tipo (dal semiprofessionista su una Cannondale da 3000 euro al pensionato su una bici da uomo scassata) accordarsi a noi e seguirci, anche solo per qualche chilometro. Talvolta i cilcisti ci aspettavano all’ingresso del loro paese, e poi si mettevano in testa alla carovana per aiutarla a imboccare le stradine e i sentieri più adatti. Anche le grandi città si sono difese molto bene: da Torino (quando siamo partiti era il girno del Bikepride, e il parco del Valentino era zeppo di ciclisti festanti) a Piacenza, Cremona e ovviamente Ferrara, che ha dimostrato di meritare l’appellativo di “Città della bicicletta”.

NBM: Quali sono i cambiamenti del paesaggio che più vi hanno colpito?

Paolo: Inizio col dire una cosa forse banale, ma che per me è stata una scoperta inaspettata: il Po e la Pianura Padana visti dalla bicicletta son tutt’altra cosa rispetto ai paesaggi visti dall’autostrada. Mi spiego: se credete di conoscere la Pianura Padana perchè l’avete attraversata in auto centinaia di volte…beh, non è così. Ai 25 all’ora la Pianura Padana è tutt’altra cosa. Si lascia una dimensione fatta di grandi realtà industriali, città operose, grandi vie di comunicazione, e si entra in un dedalo di strade e stradine, piccoli paesi, cascine e campagne infinite. Fin qui i lati positivi. Una cosa che mi ha colpito in negativo, invece, è vedere come lunghi tratti del Po siano  in uno stato di totale abbandono: vecchie cascine diroccate, ferrovie dismesse, fabbriche abbandonate. Nel film abbiamo utilizzato vecchi video e fotografie d’archivio della pianura e del Po per mostrare la trasformazione radicale dei paesaggi del grande fiume: da luogo di divertimento e di lavoro, affollato di villeggianti, di pescatori, di sportivi, a luogo del degrado e dell’abbandono. Per quanto riguarda il paesaggio, la ciclabile Vento è un lungo avvicinamento al mare: si parte con il Monviso e le alpi sulla sinistra e si arriva in una terra di mezzo tra mare e fiume. A livello ciclistico, la differenza principale è nel “sedime stradale”: in piemonte e lombardia si percorrono stradine che affiancano il Po, in Emilia e Veneto si pedala quasi sempre sulla cima degli argini fluviali, alleato formidabile dell’idea di questa pista ciclabile.

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NBM: Quale realtà avete scoperto, se esite, che non immaginavate nemmeno (a parte il messicano ovviamente!)?

Paolo: Abbiamo scoperto che l’Italia di provincia (cui peraltro apparteniamo tutti e tre) è ancora viva. Di più, abbiamo scoperto che questa Italia “minore”, che per decenni si è cercato più o meno inconsapevolmente di cancellare, promuovendo trasferimenti di massa verso le grandi città industriali, è un’Italia bella, affascinante, da riscoprire e valorizzare. Nel film Ercole e Paolo parlano del percorso di Vento come di una “collana di perle”: è proprio così, e la cosa bella e che queste perle sono tantissime e disseminate lungo tutto il tragitto. E vanno (ad es.) dal famosissimo Tondo Doni del Botticelli alla sconosciuta (almeno per noi) e bellissima città di San Benedetto Po.

NBM: Quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato durante il viaggio? cosa è andato storto?

Paolo: Dal nostro punto di vista direi che è andato tutto bene, o forse più realisticamente siamo stati molto fortunati. Per quanto riguarda il gruppo del Politecnico, i guai maggiori sono stati a livello meccanico: qualche foratura, qualche caduta. La più disastrosa, una caduta “causata” dal freno a disco anteriore di una delle mountain-bike. Un freno fin troppo potente!

NBM: Invece cosa è andato sorprendentemente bene?

Paolo: A posteriori, posso dire che non potevamo avere di più: belle giornate, tramonti spettacolari (eravamo in maggio), paesaggi stupendi. E considerando che, da parte di noi registi, nulla era stato precedentemente programmato, non ci siamo (quasi) mai persi, nè abbiamo (quasi) mai perso il gruppo.

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NBM: Viaggiando in questo modo, qual è stata la vostra percezione del tempo?

Paolo: Sette giorni in bicicletta credo acquivalgano a un mese o due di vita, a livello di pura percezione temporale. Ora posso dire di capire i ciclisti professionisti quando parlano dei grandi giri come di avventure epiche, leggendarie, dalla durata quasi eterna. D’altronde basta poco per darvi l’idea: pensate di dover andare in automobile da Piacenza a Cremona, e alla rapidità di questo viaggio di 40 Km dritti e monotoni. Ora cambiate mezzo, salite su una bicicletta e disponete questi 40 km su strade e stradine di campagna e argini fluviali, tra pioppeti e campi di grano, con 30 kg di zavorra, con tutto ciò che vi serve per vivere attaccato alla vostra bicicletta (altro che bici in carbonio da 7 kg!).

NBM: Il posto più bello? il ricordo più bello di questa esperienza?

Paolo: La sorpesa maggiore forse ce l’ha data Piacenza, e infatti abbiamo voluto sottolinearlo nel film. L’abbiamo vista mille volte dalla sopraelevata dell’autostrada ma, ci scuseranno i piacentini, non eravamo mai scesi da quei maledetti ponti di cemento, ed è una città bellissma, piena di storia, arte, fascino. Potrei dire la stessa cosa per Pavia, Cremona, Chioggia, per luoghi “minori” come i paesi turriti dell’alessandrino, le città fortificate, le ville dell’Emilia e del Veneto, le tante infrastrutture legate al fiume: dighe, centrali idroelettriche, idrovore: dal Canale Cavour a Chivasso al Museo della Bonifica di Cà Vendramin a Taglio di Po, la Pianura Padana è piena di luoghi e architetture sorprendenti, inaspettate.

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NBM: Paolo è l’autore di “L’ultimo kilometro”: qual è il vostro rapporto con la bicicletta?

Paolo: Dei tre registi, io e Pino siamo i due ciclisti, ma credo che anche Stefano dopo l’esperienza fatta ci stia pensando seriamente su. Io sono (purtroppo, per motivi lavorativi) un ciclista della domenica o poco più, arrivo a malapena a 2000 km all’anno, tutti fatti in biciletta da corsa, tra le salite di Langhe e Roero.

NBM: Ultima domanda: consigliateci un posto dove vale la pena andare a mangiare!

Paolo: Qui cascate male, ragazzi, perchè abbiamo avuto davvero poco tempo per concederci golosità e piaceri della tavola! Però vi consiglio di mangiare lungo il Po, fuori dai grossi centri abitati, se non altro per sostenere quei pochi coraggiosi che ancora resistono lungo le  abbandonate rive del Po e, chissà, per incentivarne altri ad aprire attvità e spazi attrezzati! Confidando nel successo di Vento, un progetto, come direbbe qualcuno, davvero “straordinario”!

Ora non vi resta che vedere il film. Come fare? semplicissimo!

Avete due opzioni: potete vederlo  in streaming HD oppure potete acquistare una copia del DVD.

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da Dailyslow.it
di Francesca Fiore

Una ciclovia naturale sulle sommità del nostro fiume maggiore, che unisce le Alpi con il mar Adriatico: è il viaggio fatto da 5 intrepidi cicloturisti per realizzare il progetto “VENTO. L’Italia in bicicletta lungo il fiume Po”. Seicentotrenta chilometri in bicicletta lungo il Po, per riscoprire territori abbandonati di rara bellezza e dimostrare che è un altro modo di viaggiare è possibile.

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Loro sono Paolo, Diana, Alessandro, Chiara ed Ercole, ma al gruppo iniziale si uniranno tante persone incontrate durante il percorso: il loro viaggio lungo la dorsale cicloturistica, come l’hanno battezzata, punta i riflettori su un patrimonio esistente e sottovalutato. In otto giorni, questi cinque cicloturisti dimostrano che è possibile unire Venezia con Torino, le Alpi con il delta del Po, sull’Adriatico: un percorso che esiste già, ma che andrebbe attrezzato e valorizzato.

A capo della spedizione c’è Paolo Pileri, 46 enne ingegnere del Dastu, presso il Politecnico di Milano, specializzato in pianificazione territoriale, ideatore del viaggio e del progetto: con lui due dei suoi assistenti, una studentessa ed un ex manager che si occupa di marketing. I tre registi Paolo Casalis, Pino Pace e Stefano Scarafia li hanno seguiti lungo un percorso in 15 tappe, che ha toccato 30 città di 4 regioni, in 15 tappe. Ecco il trailer del documentario.

Daily Slow ha intervistato uno dei tre registi di Vento, Paolo Casalis.

Paolo, il vostro documentario, oltre a mostrare una prospettiva sul viaggio completamente diversa da quella canonica, mira a dimostrare che la “dorsale cicloturistica” di 630 chilometri che avete affrontato è fattibile, sia dal punto di vista economico che ambientale. Quali sono le principali difficoltà incontrate dai ciclisti nell’affrontare le 15 tappe del viaggio?

“L’organizzazione del viaggio è stata ad opera del Politecnico di Milano e dei ragazzi che partecipavano. Noi registi li abbiamo seguiti e spesso ci siamo anche persi: Alessandro, il nostro cartografo, ha dovuto tracciare un percorso che si snodava fra stradine sterrate neanche segnate sulle mappe, le difficoltà sono state molte e di vario genere”

Ce le racconti?

“Innanzitutto sono state di tipo fisico e logistico: sbarre che inibiscono il passaggio non solo alle auto ma anche alle bici, ponti che devi attraversare caricando la bici sulle spalle, treni inadeguati ai servizi. Inoltre, la gran parte delle zone che costeggiano il Po sono state abbandonate per i centri urbani: in molti tratti non c’è nessun servizio, nessuna segnaletica, nessun punto di ristoro. Pedalando sugli argini del fiume, che sono delle piste ciclabili naturali, per chilometri non si incontra nessuno: terre che una volta erano vive e piene di relazioni economico-sociali, ora del tutto disabitate”.

Nel documentario si parla appunto di intermodalità: qualcosa di fondamentale per un cicloturista, che affronta viaggi lunghi e che deve portare con sé tutta la sua attrezzatura. Ci spieghi cos’è?

“L’intermodalità è la capacità di potersi servire di diversi mezzi per arrivare alla propria meta: nel video si vedono Paolo e gli altri che devono salire separatamente su due treni diversi, perché nessuno è attrezzato per le bici. Se un ciclista affronta un viaggio di duecento, trecento chilometri ha bisogno di trovare un dato tipo di strutture, altrimenti non lo affronta per nulla e prende l’automobile”.

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Lungo le molte tappe del percorso, il team di Vento ha riscoperto luoghi e città da prospettive diverse, che mettono il viaggiatore a stretto contatto con le attività umane, economiche, culturali dei territori attraversati e determinano un modo di viaggiare “relazionale”. Nel documentario si notano le conversazioni che la squadra intreccia con viaggiatori sulla via Francigena, con altri cicloturisti stranieri nel pavese o con i capitani delle poche barche rimaste. Pedalare è anche un modo per stringere contatti?

“Lo è, eccome. In luoghi del genere poi, dove davvero senti l’abbandono e la bellezza intrecciarsi insieme, lo è in modo particolare. Una volta questi posti erano animati da allevatori, agricoltori e pescatori: c’erano bar, strutture, servizi di ogni tipo. Adesso tutto è fermo, e le poche persone che incontri hanno voglia di parlare: si stringono rapporti fugaci ma intensi, si parla del pedalare, della gestione dell’ Italia. E’ un tipo di contatto diverso da quello che hai negli hotel o nei ristoranti dei centri urbani”.

Parlaci del Po dimenticato.

“Il Po è il leitmovit del viaggio: la squadra lo ha preso a Torino e lo ha lasciato al suo delta, per poi fare la tappa finale verso Venezia. Gli argini sono piste ciclabili naturali, il paesaggio cambia ma lui continua ad unire un’Italia dai mille campanili, oggi più che mai. Comunità divise con progetti frammentari che però vengono tenute insieme dal fiume: una realtà incredibile, da sfruttare subito. La pista c’è già, pensato cosa significherebbe per il turismo locale, riuscire ad attrezzare e rendere percorribile l’intera ciclovia: basterebbe poco”

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La dorsale cicloturistica costerebbe appunto 80 milioni di euro: il costo di due chilometri di autostrade. Un progetto che significherebbe nuovi posti di lavoro, nuova prosperità per le zone attraversate e sicuramente un’importante azione di tutela dell’ambiente. Il vostro progetto, inoltre, ha compiuto una sorta di mappatura dei luoghi e delle mancanze riscontrate?

“Si i documenti sono a cura del Politecnico: ad ogni tappa si faceva una conferenza, illustrando mancanze e ostacoli, suggerendo idee e cercando anche di stringere intese. Hanno fatto un lavoro immenso: speriamo non vada perduto. L’obiettivo del team, infatti, era duplice: da un lato dimostrare che la pista c’è già che basterebbe poco per renderla agevole; dall’altro l’obietivo era anche quello di muovere qualcosa nelle amministrazioni locali”

Manca l’idea di rete.

“Assolutamente: ognuno fa la sua parte di pista ciclabile, dove va bene, senza trovare connessioni con le opere del Comune limitrofo. Cambiano le amministrazioni, cambiamo progetti e prospettive, non c’è nessuno spirito di condivisione dei problemi e soluzioni. E questo non vuol dire che i nostri incontri non siano stati stimolanti o non abbiano suscitato interesse”

La proposta fatta dal Politecnico per realizzare la dorsale Vento a che punto è?

“Il Politecnico si sta muovendo molto: personalmente so che il progetto è stato inserito fra i trenta da realizzare per l’Expo 2015. Speriamo bene: l’interesse suscitato sembra molto e so che Paolo e gli altri del Politecnico non si arrenderanno facilmente: anziché fare opere costose come la Tav, realizzare Vento significherebbe impiegare pochissime risorse ma in un modo molto fruttuoso, dando la possibilità a questi territorio di tornare a nuova vita”.

Come si può vedere il vostro documentario? Avete appuntamenti all’orizzonte?

“Stiamo organizzando le presentazioni e partecipando a festival: ci siamo auto prodotti e auto distribuiti. Vento, ad ogni modo, si può acquistare in dvd o vedere in streaming ad un costo irrisorio, che serve a ripagarci delle spese della realizzazione del documentario”.

Per vedere il documentario in streaming, o acquistarne il Dvd, clicca qui.

Tutte le tappe toccate dal progetto “Vento, L’Italia in bicicletta lungo il fiume Po”

Condividiamo con voi la recensione del film scritta da Daniela Falchero per Greenews.info

È di questi giorni l’uscita del film Vento, ovvero la storia di un viaggio su due ruote che è anche la dimostrazione pratica di un progetto tutto italiano pensato per la definizione di una pista ciclabile lungo la Pianura Padana, seguendo il corso del fiume Po da Torino a Venezia e viceversa. Da qui l’acronimo VenTo che dà il nome al progetto e il titolo al documentario realizzato da Paolo Casalis, Pino Pace e Stefano Scarafia. I tre registi hanno seguito nel loro viaggio in bicicletta da Milano a Venezia i promotori del progetto, un gruppo di professori del Dastu, presso il Politecnico di Milano.

Paolo Pileri, 46 anni, ingegnere esperto di pianificazione territoriale, è il motore dell’iniziativa nonché l’ideatore di questo road-show di 8 giorni che per 630 Km ha attraversato 30 città di 4 regioni e in 15 tappe ha raccontato e diffuso le intenzioni di Vento. In questa missione lo hanno accompagnato i suoi assistenti, gli architetti Diana Giudici e Alessandro Giacomel, rispettivamente responsabile della comunicazione e responsabile scientifico della spedizione. Hanno fatto parte della squadra anche Chiara Catarozzolo, studentessa pugliese di 23 anni trasferitasi a Milano per gli studi, ed Ercole Giammarco, 50 anni, ex manager ora consulente di marketing, appassionato di cicloturismo e promotore di Cyclopride.

Insieme, i cinque ciclisti hanno accolto la sfida di dimostrare che percorrere tutta l’Italia in orizzontale dalle Alpi all’Adriatico in bicicletta è fattibile. Basterebbe costruire una pista lungo il percorso naturale del fiume Po, realizzando quella che potrebbe essere la ciclabile più lunga d’Italia e una delle più lunghe d’Europa, un progetto che significherebbe nuovi posti di lavoro, al costo di 80 milioni di euro, equivalenti al prezzo di 2 km di autostrada.
L’idea è interessante sotto più punti di vista, da quello economico – Vento per esempio rappresenterebbe un primo passo verso il cicloturismo, settore ancora inesplorato in Italia e dalle notevoli potenzialità – fino a quello sociale e culturale, per la riscoperta del territorio che offre e la generazione di un indotto ad ampio respiro. Il documentario ha voluto raccontare l’entusiasmo e gli imprevisti che gli stessi promotori hanno incontrato durante il viaggio. Perché alla fatica della tabella di marcia si sono aggiunte le condizioni climatiche non sempre favorevoli e le scoperte poco piacevoli del percorso, dai passaggi sbarrati e difficili da superare in bicicletta alle limitazioni imposte sui treni a chi viaggia su due ruote.

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La pellicola ha il merito di calare questo progetto già nella vita quotidiana, grazie a un montaggio accurato e fedele agli eventi, cui si somma il valore aggiunto dell’alternare alle immagini del viaggio numerose foto d’epoca dei luoghi attraversati dai cinque protagonisti. Un parallelo che mette a confronto due epoche non troppo distanti fra loro temporalmente (si parla di solo 50 anni), ma molto diverse nello stile di vita. Una riflessione garbata e discreta dei registi sulla possibilità che Vento offre di tornare a un rapporto più stretto e conviviale con il fiume e in generale a quel downshifting di cui oggi tanto si parla. Per chi volesse avventurarsi in questo road movie su due ruote il documentario è già disponibile in DVD o via streaming.

Daniela Falchero

Siamo felicissimi di potervi comunicare che da questo preciso momento il film documentario “Vento. L’italia in bicicletta lungo il fiume Po” è disponibile!
Per saperne visita il blog del film (se già sei sul blog, guarda nella colonna di sinistra) oppure visita la pagina del film su Reelhouse
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Buona visione a tutti!

da LA REPUBBLICA

Bike sharing, ecco le città leader. L'Italia non c'è

SONO Barcellona, Lione, Città del Messico, Montreal, New York, Parigi e Rio de Janeiro le 7 città che possono vantare il più alto tasso di penetrazione del sistema di ‘bikesharing’, la condivisione di biciclette in area urbana. Lo attesta una ricerca condotta dall’Institute for transportation and development policy (Itdp) di New York che ha incluso 400 città di 5 continenti dove si stanno mettendo in pratica sistemi per implementare la condivisione delle biciclette.

Lo studio è incluso nella prima guida “The bike share planning guide”, edita dall’Itdp, contenente le best-practices adottate nelle città che offrono questo tipo di servizio ai cittadini.
Il servizio risolve in particolare il problema dell’ultimo miglio da percorrere senza auto per chi arriva in città in treno o con gli autobus e deve raggiungere il luogo di lavoro.

E’ un servizio “rapido, ideale per viaggi brevi e di cui c’è enormemente bisogno nelle città”, spiegano gli autori della nuova guida. “Un sistema ideale per migliorare lo stato dell’ambiente e ridurre il numero di miglia percorsi in automobile – spiega Colin Hughes, direttore del National policy and project evaluation dell’Itdp. “Ad esempio i 22.000 membri del car sharing di Washington hanno ridotto il numero di miglia fatti in auto di 4,4 milioni all’anno e molti studi dimostrano che 20 minuti di bicicletta al giorno hanno un impatto significativo sulla salute mentale e fisica”.